Mutilazioni genitali.

Mutilazioni genitali. Le ex “tagliatrici di ragazze” che ora aiutano le donne.

A lanciare l’allarme sulla pratica tribale è l’Unicef che ha riportato i dati riferiti allo scorso anno in diverse aree geografiche rilevando un considerevole aumento dei casi.

Più di 125 milioni di donne e bambine nel 2015 hanno subito una mutilazione in 29 paesi compresi tra Africa e Medio Oriente. Tra queste circa una su cinque vive in Egitto. É quanto emerge dal rapporto stilato dell’Unicef sulle pratiche di mutilazione pubblicato in occasione della Giornata Onu di Tolleranza Zero verso le Mutilazioni Genitali Femminili. Nella metà dei paesi dove è stata condotta l’indagine la maggior parte delle vittime ha subito la mutilazione prima dei cinque anni. Mentre nel resto dei casi l’operazione avviene tra i 5 e i 14 anni. La metà delle donne che sono state coinvolte nella prassi vive tra Egitto, Etiopia e Indonesia. In totale sono 70 milioni in più le donne o bambine che hanno subito mutilazione rispetto al 2014, facendo toccare quota 200 milioni di casi circa in tutto il mondo.

La causa principale che alimenta questo tipo di azioni risiede per lo più nell’accettazione sociale per una pratica che viene ancora considerata in alcune aree come un rito tradizionale.

La storia di Doris e Louise, che per anni hanno praticato la circoncisione femminile. Oggi pentite sono impegnate a sensibilizzare la comunità Masai con l’aiuto di Amref. “Credevamo che la mutilazione genitale rendesse le ragazzi forti, che le facesse diventare vere donne”.

NAIROBI – “Nel momento in cui taglio un lembo di carne dei suoi genitali, la ragazza viene sopraffatta dal dolore. Il suo corpo si muove per gli spasmi ed il coltello può scivolare, e anche il pezzo di carne che hai in mano scivola dalle dita, e finisci così per tagliare anche dell’altro. A volte mi è capitato di tagliare accidentalmente il punto in cui in una donna passa l’urina, provocando così emorragie. Alcune giovani svengono”. Il ricordo doloroso e scioccante è di Epanu Doros, un’ ex “tagliatrice di ragazze”: fino a due anni fa, infatti, operava la circoncisione femminile. La sua storia, riportata dall’emittente Kenyana Capital Fm, è stata resa nota da Amref in occasione della Giornata contro le mutilazioni genitali femminili, “Tolleranza zero”. Nonostante le mutilazioni siano fuorilegge in Kenya, infatti, continuano a essere praticate in alcune comunità come quelle Kuria, Kisii, Masai, Embu e Meru.

Mutilazioni. Sabina
                                 Sabina, una donna ex “tagliatrice di ragazze”

“Usavo una lama di rasoio. Quando non ne avevo, prendevo vecchi pezzi di ferro, li affilavo sulle punte e li utilizzavo al posto del rasoio – racconta, ricordando che dopo aver reciso i lombi di carne,  li gettava a imputridire nella bava dei vermi. “Ero solita tagliare un pezzo dall’interno e poi lo gettavo via, mentre la giovane piangeva e urlava”.

Le mutilazioni genitali femminili consistono nell’eliminazione parziale o totale dei genitali femminili esterni. Doros, ricorda di aver tagliato spesso le donne nel punto sbagliato, perché si dimenavano dal dolore. E oggi vive nel rimorso di aver esposto così tante persone al rischio di morire. “Una volta l’emorragia non si arrestava, il sangue era ovunque – racconta -. L’abbiamo portata in ospedale e lì l’hanno ricucita. Ma stava quasi per morire”. Doros ha circonciso anche sua figlia, che in seguito ha riportato una grave emorragia: “Ho tre ragazze, ho tagliato la maggiore di loro facendomi aiutare da un’altra donna – spiega – . Abbiamo rimosso tre lembi. E’ guarita dopo molto tempo”.

Come Doros, anche Loise Kapande, è un’ex tagliatrice di ragazze: ne ha incise più di quante ne riesca a ricordare. Per ogni taglio prendeva circa duemila scellini, più una ricompensa tradizionale: una coda di pecora. La pratica della mutilazione genitale è molto diffusa in alcune culture, come ricorda Salome Kirunwa, nonna di cinque ragazze: “credevamo che la mutilazione genitale rendesse le ragazzi forti, che le facesse diventare vere donne – spiega – . Per questo la sostenevamo. Ora sappiamo che non è una buona pratica, ma le persone vogliono che si faccia ancora. Ma io, che ho sottoposto le mie figlie al taglio, non farò lo stesso con le mie nipoti”. Anche Doros e Kapande oggi si sono pentite e sfruttano la loro popolarità per sensibilizzare la comunità Masai e fermare questa pratica, con l’aiuto di Amref.

DONNA NERINA

“Le mutilazioni genitali femminili differiscono a seconda delle regioni e delle culture, con alcune forme che provocano rischi per la vita di coloro che le hanno subìte”, ha spiegato Geeta Rao Gupta, vice direttore generale dell’Unicef.

Per questo motivo nel campione di donne giovani e meno giovani interessate nella ricerca ben 44 milioni sono bambine o adolescenti fino ai 14 anni. Spesso hanno ricevuto interventi di rimozione genitale bruschi e veloci. A detenere il triste record per questa fascia d’età sono il Gambia con il 56%, Mauritania 54% e l’Indonesia che spicca per numero di adolescenti, la metà entro gli 11 anni, a subire mutilazioni. Sono invece otto le nazioni, tutte africane, dove in più dell’80 per cento dei casi le donne vengono mutilate in età riproduttiva: Somalia, Guinea, Gibuti, Egitto, Eritrea, Mali, Sierra Leone e Sudan.

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