QUALE ARRICCHIMENTO PRIVATO E’ PER… “INTERESSE PUBBLICO” ??

TRIVADVISOR

Cosa è l’espropriazione per pubblico interesse.
E’ il potere che la legge riconosce all’Autorità Pubblica di espropriare la proprietà privata a patto che:
— ciò avvenga per motivi di interesse generale;
— chi subisce l’esproprio venga indennizzato della perdita subita.

Prima di poter procedere con la materiale espropriazione, è però necessario che:
–l’opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale e sul bene da espropriare sia stato apposto il cosiddetto vincolo preordinato all’esproprio;
–vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilità;
–sia stata determinata, anche in via provvisoria, l’indennità di esproprio.

Ma quale “interesse generale” può motivare l’impoverimento, di un intero popolo e una nazione, per permettere l’arricchimento di poche multinazionali estere ?!?

Come si è detto il primo requisito per l’espropriazione è che essa avvenga per motivi di interesse generale. La legge pertanto richiede che, prima che venga avviata la procedura, la Pubblica Amministrazione stabilisca il fine pubblico specifico al quale la singola area interessata dal provvedimento finale è destinata.
In sostanza, ci deve essere uno strettissimo legame tra gli strumenti urbanistici e il bene che si intende espropriare, solo così sarà possibile apporre sul bene in questione il cosiddetto vincolo preordinato all’esproprio.
Principalmente, un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. Tale vincolo ha un’efficacia di cinque anni ed entro tale termine deve necessariamente essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
Naturalmente il proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all’esproprio deve essere informato di questo e, infatti, la legge prevede che al proprietario debba essere data comunicazione dell’avvio del procedimento almeno venti giorni prima della delibera del consiglio comunale (nel caso di adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di una singola opera pubblica) o prima di altro atto che comporti la variante al piano urbanistico (esempio mediante conferenza di servizi, accordo di programma, intesa o altri atti di natura territoriale).

Cosa è la dichiarazione di pubblica utilità
Finché permane l’efficacia del vincolo preordinato all’esproprio (cinque anni), la pubblica amministrazione può emanare il provvedimento che dispone la pubblica utilità dell’opera. Senza questa dichiarazione non sarà possibile espropriare il bene.
Generalmente, si ha la dichiarazione di pubblica utilità quando l’amministrazione approva il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità.

Provvedimento stabilito nella Costituzione Italiana.
L’articolo 42, terzo comma della Costituzione della Repubblica Italiana e l’articolo 834 del codice civile stabiliscono che la proprietà privata può essere espropriata per pubblica utilità. Il fondamento costituzionale dell’espropriabilità è ancora più chiaro se si legge l’articolo 42, terzo comma in combinato disposto con l’Art. 2, che sottopone tutti i cittadini a “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. In virtù di questi doveri, e della tutela e garanzia data alla proprietà privata si prevede che il privato che subisce il provvedimento espropriativo debba ottenere un indennizzo e non un risarcimento: il bene espropriato passa in capo alla pubblica amministrazione per ragioni di pubblica utilità, cioè nel perseguimento di un interesse pubblico, ovvero della collettività organizzata di cui anche l’espropriato fa parte.
L’espropriazione è retta da due principi fondamentali:
legalità: i pubblici poteri possono espropriare i beni dei privati solo nei casi previsti dalla legge e solo nel rispetto delle procedure determinate dalle leggi (articolo 23 della costituzione);
indennizzo: (art. 42/III) lo Stato deve corrispondere al proprietario espropriato una somma di danaro, determinata secondo criteri di legge, che compensi la perdita; questa somma non deve essere, per la Corte costituzionale, simbolica, anche se non si richiede che equivalga al prezzo di mercato del bene espropriato.

Esiste anche un’altra norma da non trascurare… ma non applicata dai nostri governi:
La nazionalizzazione.
Va anche considerata la disposizione della Costituzione che consente di “riservare originariamente allo Stato o ad altri enti pubblici determinate categorie di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale” (articolo 43). Questa figura va sotto la denominazione di nazionalizzazione (la più famosa applicazione risale al 1962, con la nazionalizzazione delle aziende elettriche e la fondazione dell’ENEL).
L’indennizzo, in questo caso è l’acquisto a carico dello Stato delle azioni, che rappresentano la proprietà dell’impresa.

Ma in Italia accade il contrario, anche perchè… “ce lo chiede l’Europa” !!
Le imprese statali vengono privatizzate, ovvero svendute a multinazionali, che non pagano tasse alle casse italiane, ma spesso ricevono aiuti e sovvenzioni, pagate con soldi dei tartassati cittadini italiani !!

I nuovi pirati all’arrembaggio dell’Italia non si accontentano di saccheggiare le risorse di una nazione, e non si curano dei danni ambientali causati, o delle conseguenze sulla salute pubblica. Il loro interesse privato viene messo al si sopra dell’interesse pubblico !!
E lo vediamo ogni giorno nelle “Grandi opere”, TAV, EXPO etc etc… difese militarmente per tutelare gli interessi degli speculatori, e pronti al massacro di chi si oppone e difende dallo scempio il territorio e il diritto alla tutela della salute pubblica !!

E’ in corso un vero e proprio assalto al mare siciliano da parte delle compagnie petrolifere: 12.908 i chilometri quadrati interessati dai cinque permessi di ricerca già rilasciati e da altre 15 richieste di concessione, ricerca e prospezione avanzate. Questo, nonostante, già oggi nel canale di Sicilia vengano estratte (dato a fine 2013) 301.471 tonnellate, il 41% del totale nazionale del petrolio estratto in mare. Una scelta scellerata di politica energetica, portata avanti ora con incredibili giustificazioni anche dal premier Matteo Renzi, che non trova scusanti valide neanche dal punto di vista strategico energetico, viste le ridicole quantità di petrolio in gioco. Inoltre gran parte delle richieste oggi in fase di valutazione provengono da compagnie straniere, la cui attività non porterà benefici all’economia nazionale, portando greggio e ricavi oltre confine. Una corsa all’oro nero che rischia di compromettere per sempre il futuro delle popolazioni coinvolte da possibili incidenti che metterebbero in pericolo ambiente, turismo e pesca. Goletta Verde, la storica campagna itinerante di Legambiente a difesa del mare e delle coste italiane, rilancia proprio dalla Sicilia l’appello a Governo e Parlamento affinché venga avviata anche nel nostro Paese una rivoluzione energetica, garantendo uno sviluppo futuro, anche sul piano economico, sicuramente molto più sostenibile e duraturo e soprattutto venga ridata voce e possibilità di scelta ai territori e alle popolazioni interessate dalle richieste di estrazioni avanzate dalle compagnie petrolifere.

trivellazioni-in-Italia

Oggi si effettuano perforazioni a profondità molto maggiori rispetto al passato e questo rende più problematico intervenire in caso d’incidente, come ha evidenziato l’incidente del Golfo del Messico nel 2010. Purtroppo appena poche settimane fa Regione, Assomineraria, EniMed, Edison e Irminio Srl hanno firmato un accordo per un impegno di investimento delle società petrolifere di circa 2,4 miliardi di euro per portare avanti le attività con particolare riferimento all’area marina di fronte la costa ragusana e a terra, sempre nella provincia di Ragusa. Una scelta scellerata che non trova alcuna giustificazione. Per questo ci appelliamo a tutte le amministrazioni siciliane, alle associazioni di categoria, a partire da quelle della pesca e del turismo, agli enti parco e a tutti coloro che hanno a cuore la tutela del mare e del territorio siciliano, per fermare l’insensata corsa all’oro nero anche in questa regione”.

Tra le ultime richieste presentate in Sicilia, due sono quelle relative alle attività di prospezione, la prima fase di indagini per individuare le aree di maggior interesse su cui avviare le ricerche Schlumberger Italia per un’area di 6.380 kmq. A queste si aggiungono poi tutte le altre già presentate in precedenza. Alcune di queste, come quella della Transunion Petroleum di fronte il territorio ragusano, sono molto vicine alla costa e sconfinano il vincolo delle 12 miglia dalle aree costiere previsto dall’articolo 35 del decreto sviluppo approvato nel giugno 2012. Peccato però che questo limite sia vigente solo per le richieste presentate dopo il 2010 e nel Canale di Sicilia, ad eccezione di una, tutti i permessi e le istanze sono antecedenti al giugno 2010 e buona parte di queste sono all’interno della fascia delle dodici miglia. Che senso ha fare una norma in cui si stabilisce un divieto col solo scopo di eluderlo? Anche per questo Legambiente continua a chiedere l’abrogazione di questo articolo, ripristinando i vincoli previsti dal Dlgs 128/2010, validi per tutte le attività, anche quelle in corso, molto più stringenti ed efficaci per la tutela ambientale del mare italiano. Le piattaforme attive sono Gela 1, Gela Cluster, Perla e Prezioso, di proprietà della società Eni Mediterranea Idrocarburi, e Vega A, di proprietà di Edison. A queste rischiano di aggiungersene 4, oggi in fase di valutazione di impatto ambientale. Due nel tratto di mare antistante Licata e Palma di Montechiaro e una di fronte la costa meridionale di Pantelleria, dove è già stato rilasciato anche un permesso di ricerca per 657 kmq di area marina. Oltre a queste c’è poi il progetto di ampliamento dell’attività estrattiva accanto alla piattaforma Vega A di Edison, a largo di Pozzallo, con un secondo impianto denominato Vega B. (vedi articolo: www.legambiente.it )

A CHI HA SOSTITUITO LA NAZIONALIZZAZIONE CON LA PRIVATIZZAZIONE,

LA SOLA RISPOSTA POSSIBILE E’ 

 L’AZIONE DIRETTA E L’ESPROPRIO PROLETARIO !!